Libri scritti e pubblicati da Gianni Pais Becher
GIANNI PAIS BECHER (GIOVANNI) BOOKS E-BOOKS
I LIBRI DI GIOVANNI ALIAS GIANNI PAIS BECHER:
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IL CADORE DEGLI EMIGRANTI
il titolo di un'interessante pubblicazione di Gianni Pais Becher, scrittore e guida alpina di Auronzo, di cui pubblichiamo l'introduzione curata dallo stesso autore.
Gianni Pais Becher vive ad Auronzo di Cadore, in provincia di Belluno. Scrittore, ricercatore e guida alpina, mettendo insieme le sue grandi passioni, ha realizzato reportage di viaggio pubblicati in note riviste specialistiche e numerosi filmati, guide e pubblicazioni, tradotte anche in lingua straniera. Il suo grande interesse per i luoghi e la cultura di diversi popoli che abitano le montagne del mondo (dalla Groenlandia al Tibet, dalla Mongolia al Perù), non gli ha impedito di "esplorare" anche il passato della sua gente e della sua terra, indagando a fondo la memoria degli anziani. L'entusiasmo per la ricerca lo hanno portato a compiere un viaggio, durato oltre un decennio, sulle tracce degli emigranti cadorini e dagli incontri con le donne e gli uomini che lasciarono le Dolomiti per attraversare l'oceano, dalle loro testimonianze, lo stesso Pais Becher ha scoperto un Cadore che non conosceva. Quel Cadore che ha raccontato nelle pagine di un libro, di cui proponiamo l'introduzione dello stesso autore.
L'idea di recuperare la memoria degli anziani emigrati dal Cadore verso le Americhe, l'Australia e la Nuova Zelanda, mi è venuta in mente dopo alcuni viaggi compiuti negli Stati Uniti d'America, dove ho incontrato centinaia di famiglie di origine cadorina che mi hanno stupito per la profonda conoscenza della storia, della cultura e delle tradizioni, con racconti ricchi di memorie inedite.
Le loro testimonianze mi hanno affascinato ed arricchito interiormente, caricandomi dell'entusiasmo necessario per intraprendere un lungo e difficile lavoro di ricerca durato oltre un decennio, che mi ha portato ad approfondire alcuni aspetti del contesto storico e culturale del Cadore che non conoscevo.
Molti emigranti che ho incontrato negli anni 80 sono nel frattempo scomparsi, ma sono rimasto in contatto con i loro discendenti, con i quali ho intessuto una fitta rete di corrispondenza.
Mentre scrivo queste righe mi giunge notizia della scomparsa di Vivian Vecellio None che nel 1988 mi ha ospitato nella sua casa con l'affetto di una madre. La sua morte segue quella di Maria Vecellio del Monego alla quale ero molto legato: ambedue risiedevano a Lewis Run in Pennsylvania.
A loro e a tutti coloro che mi hanno aiutato nelle ricerche per la compilazione di questo volume, vadano i miei più vivi ringraziamenti e l'affetto sincero. Un particolare ricordo va a Antonia (Nina) Zandegiacomo Marzer, morta nel 1996 a Bradford Pa. all'età di 106 anni e alla figlia novantenne Clarina Vecellio None, a Joseph Monti Cavaler e sua moglie Rina Zandegiacomo Seidelucio.
Da quando, nel 1987, ho compiuto il primo viaggio sulle tracce degli emigranti cadorini in America, Clarina mi aggiorna settimanalmente sulla situazione degli emigrati a Bradford e Lewis Run Pa. Lei conosce il giorno esatto in cui "l'saroio pasa la sesia de San Roche", lei mi avverte dello sbocciare delle viole, dei mughetti o dei ciclamini, come se il profumo di quei splendidi fiori arrivasse fino in Pennsylvania…Clarina, anima sensibile che ama e conosce la sua terra d'origine meglio di molti che la abitano!
E a Luigi Coletti nato a Tai di Cadore nel 1926. Aveva solo tre anni quando fu costretto a emigrare con la famiglia in Francia, dove si ritrovò appena quattordicenne orfano e solo a girovagare per le macerie di Marsiglia bombardata dagli inglesi e dagli americani. Rientrò in Italia ma dopo alcuni mesi decise di ritornare in Francia, da dove emigrò in Algeria. Vi rimase solo un paio d'anni, poi lasciò l'Africa per approdare in Canadà come meccanico specializzato. Dal Canadà emigrò negli USA dove risiede tuttora. E' cittadino americano ma parla molto bene il Ladino cadorino. Arrivato in Italia per un periodo di vacanze, venuto a conoscenza delle mie ricerche, è venuto a trovarmi per raccontarmi le sue vicende.
Tutti, nessuno escluso, si sono dimostrati veri figli del Cadore, terra che hanno dovuto abbandonare a malincuore per cercare altrove il sostentamento alle loro famiglie. Con alcuni di loro ho mantenuto i rapporti attraverso una fitta corrispondenza e una lunga serie di telefonate, poi, appreso l'uso del computer e di internet, ho raccolto i loro indirizzi e - mail e gli ho contattati attraverso la posta elettronica e le chat lines.
In questo modo e tramite alcuni viaggi effettuati negli Stati Uniti ed in America Latina (l'ultimo nell'autunno del 1999), ho potuto raccogliere le preziose testimonianze sulla memoria dei loro avi, che emigrati in terre lontane hanno conservato gelosamente il patrimonio culturale e storico della terra d'origine.
Patrimonio ereditato oralmente, generazione dopo generazione, e conservato gelosamente senza passare attraverso i filtri della trasformazione intervenuta in Cadore, dove l'identità contadina e montanara, ricca di cultura e tradizioni che traggono origine da lontane epoche protostoriche, è stata accantonata, per far posto a una monocultura industriale avulsa dalla nostra realtà socio - economica.
L'industria degli occhiali ha assorbito la quasi totalità delle forze economiche e intellettuali del Cadore, penalizzando il turismo e l'artigianato locale e causando l'abbandono delle secolari attività agricole e silvopastorali e il conseguente deterioramento dell'ambiente naturale. Vendute le mucche, le capre e le pecore, abbandonate le malghe ed i pascoli, trascurati i boschi e i prati, svenduti i terreni alla speculazione edilizia, bruciate le vecchie foto, distrutti i preziosi attrezzi ed oggetti della cultura montanara, molti si sono gettati a capofitto nel miraggio industriale, che dopo un iniziale euforia generale ora dà consistenti segni di cedimento.
Per questo motivo la memoria degli emigranti è risultata essere molto preziosa. Soltanto chi ha dovuto abbandonare per sempre il paese natio, ricorda con nostalgia la terra d'origine com'era prima della trasformazione industriale. Soltanto loro hanno conservato documenti, foto d'epoca, memorie storiche, tradizioni, leggende, filastrocche, detti e proverbi, con la nostalgia e l'orgoglio di chi è cosciente di avere le radici in uno degli ambienti naturali più belli del mondo: tra le Crode del Cadore.
Il Popolo Cadorino ha dovuto convivere con l'emigrazione fin dall'antichità, dapprima come ricerca di lavoro stagionale verso la pianura Veneta, l'Istria, il Tirolo, la Carinzia, la Slovenia, la Croazia, l'Ungheria, la Germania, la Francia, il Belgio e la Svizzera, poi con un esodo senza ritorno che ha privato la nostra terra della gente più forte e più coraggiosa.
Fin dal 1600 si ha notizia di Cadorini che giravano per le contrade d'Europa e dell'Est Europeo come finestrai, calderai, arrotini, seggiolai, carbonai, muratori e come minatori. Andavano di paese in città, di casa in casa ad offrire le loro arti, i loro mestieri e ritornavano a casa giusto in tempo per il periodo della semina nei campi e della fienagione.
A quei tempi i campi del Cadore producevano frumento, segala, orzo, farro, avena, fava, fagioli, piselli, grano saraceno, granoturco, lino, canape, lenticchie, barbabietole e lattughe di ogni tipo. Vangavano i campi, ne sistemavano i perimetri, aravano, seminavano, falciavano l'erba e subito dopo si preparavano a ripartire. Messo in spalla il bastone alla cui estremità era appeso un fagotto contenente i pochi capi personali e i ferri del mestiere, a piedi, i più fortunati in groppa a un cavallo, passavano il confine e attraverso strade e sentieri conosciuti si spingevano lontano a riprendere il loro lavoro. Coloro che rimanevano a casa provvedevano a pascolare gli animali, a lavorare nei boschi e a fornire manodopera per le miniere.
Nel 1812 i residenti in Cadore erano 24600. Questi allevavano 12000 bovini, 18000 pecore, 7500 capre e 500 suini. Nel 1869 i residenti erano quasi raddoppiati, 41297 abitanti stabili ( Cortina d'Ampezzo inclusa), e 6410 emigrati, una percentuale altissima che conferma quanto il fenomeno migratorio fosse diffuso.
Non è possibile indagare a fondo la storia dell'emigrazione dal Cadore perchè troppo articolata e complessa, basti pensare che alcuni emigranti cadorini si sono spinti perfino in Siberia a costruire la Transiberiana. Ma il grande esodo doveva ancora cominciare: verso il 1875 dagli Stati Uniti e dall'America Latina giunse anche in Cadore la richiesta di boscaioli, minatori, muratori ed addetti all'agricoltura. Con l'arrivo dei medici condotti, la mortalità infantile, che a quei tempi era una delle maggiori cause di morte, diminuì notevolmente, con il conseguente incremento della popolazione. Le bocche da sfamare erano aumentate, le Crode non davano prodotti sufficienti per tutti, il turismo non esisteva ancora e tranne alcuni addetti nelle miniere e nelle segherie, l'industria era praticamente inesistente.
Gli uomini si ritrovavano nelle piazze dei villaggi a discutere, a cercare insieme una via d'uscita alla povertà e alla fame. Quando alla sera rientravano a casa, davanti agli occhi imploranti dei loro bambini con la pancia vuota, provavano vergogna e imbarazzo,
E allora decisero a malincuore di lasciare le famiglie, le case, i boschi e le Crode per andare a spezzarsi la schiena nelle foreste della Pennsylvania e dello Stato di New York, nelle miniere di carbone del Michigan, della Virginia, del West Virginia e del Minnesota, nei campi assolati del Brasile del Venezuela e dell'Argentina. Attraversarono l'oceano Atlantico stipati nei bastimenti carichi di gente con gli occhi colmi di disperazione e di speranza per un futuro migliore.
Durante la navigazione fecero amicizia con altri Italiani che parlavano idiomi differenti dal loro: sul bastimento si sentiva l'intercalare dei Veneti, dei Friulani, degli Abruzzesi, dei Calabresi e dei Siciliani, tutti figli della stessa nazione ma con lingua, cultura e tradizioni completamente diverse.
Ma si sentivano accomunati dalla stessa povertà, dalla stessa speranza di un futuro migliore, sia per loro, sia per i familiari rimasti in patria. Una volta giunti in terra straniera, consapevoli che uniti era più facile sopravvivere, fondarono Cooperative di Lavoro e di Consumo, Società Operaie di Mutuo Soccorso e persino interi villaggi.
Nel New Jersey, a Clifton e dintorni, gli emigrati della Valle del Boite, soprattutto di San Vito di Cadore fondarono una Cooperativa, costruirono una scuola e una bellissima chiesa, che si incendiò ma che ricostruirono più grande e più bella di prima. A Bradford e Lewis Run in Pennsylvania, gli auronzani fondarono un Società Operaia di Mutuo Soccorso e ancora oggi ci sono più Vecellio sul elenco telefonico di quell'area, che quelli residenti in tutto il Cadore. A Lewis Run la via principale ( la Main Street), è abitata esclusivamente da famiglie di Auronzo. Nel 1987 quando mi sono recato là per la prima volta, entravo e uscivo da una casa all'altra, sempre parlando in lingua Ladina per giorni interi e mi pareva di non avere mai abbandonato il paese natio, di non trovarmi negli Stati Uniti d'America.
Negli USA ho ascoltato i racconti orgogliosi di chi ha partecipato alla costruzione dei primi grattacieli di New York, del Ponte di Brooklyn, delle prime auto della Ford. Ma anche molte grida di dolore di discendenti di emigranti che sono morti con la nostalgia del Cadore nel cuore, consapevoli di non essere riusciti ad avverare le loro speranze, i loro sogni di un avvenire migliore.
Ricordo sempre con commozione le parole che ho letto sulle pagine ingiallite di un diario scritto da un emigrante cadorino in Michigan. Le ultime pagine furono scritte con la grafia tremolante, di chi è cosciente della prossima fine. Sono parole che mi hanno commosso e che conservo nel profondo dell'anima:
"Ho salutato le sorelle, abbracciato mia madre, poi sono salito sul carro e mentre i cavalli partivano volevo quasi scendere.
Ci fermavamo ogni tanto per far salire i compaesani che venivano con me in America. Nene Bepa era alla finestra e agitando le mani gridava 'Sane fiol, sane'. Arrivati alla chiesa di Santa Caterina mi sono girato per guardare per l'ultima volta il mio paese, l'Ansian, le Crode. Poi mi sono voltato dall'altra parte per nascondere due lacrime.
Addio Auronzo, il bastimento mi aspetta, addio mamma… Quante volte ho pensato a quei momenti, quanta nostalgia, quanta voglia di tornare! Ma ora sono troppo vecchio e nessuno si ricorderà più di me.
Mi hanno scritto che là tutto è cambiato,
che le case in legno sono state demolite per costruire quelle di pietra, che non riconoscerei più la mia borgata.
Morirò con un grande rimpianto in fondo al cuore: non aver potuto rivedere le Crode che mi hanno visto crescere. Eppure ho lavorato duramente per tanti anni, con la speranza di ritornare. Almeno una volta, almeno per andare via al cimitero a mettere le stelle alpine sulla tomba di mia madre. Ma non ci sono riuscito… Addio Auronzo addio per sempre”
Il Cadore si estende per 1428 chilometri quadrati, coperti in prevalenza da crode, boschi e pascoli. Molti figli di questa terra, discendenti di emigrati cadorini, vivono sparsi nel mondo. Se ritornassero a casa tutti insieme, non ci sarebbe lo spazio sufficiente per ospitarli, né le risorse per sopravvivere.
Secondo una stima approssimativa, il numero degli emigrati e dei loro discendenti supera quello dei cadorini residenti.
Durante i miei viaggi alla ricerca delle loro memorie, ho toccato con mano l'amore e la nostalgia che hanno per la terra d'origine, ho raccolto, leggende, superstizioni, pregiudizi, filastrocche, detti e proverbi riconducibili alla cultura e alle antiche tradizioni, alcune fantastiche, altre avvalorate dalle recenti scoperte archeologiche, molte inedite. In questo volume ne propongo alcune nella speranza che siano di stimolo per ulteriori e più approfondite ricerche che ci aiutino a recuperare almeno in parte le nostre radici.
Emigrazione di Auronzani nel Mondo
During 1987-88-89 and 1995, I traveled across the United States of America, on 1999 across Argentina and Cile, where I met hundreds of Americans with origins in Auronzo. I spoke the Ladin of Auronzo with them and ate the typical polenta feast; now I have come to the conclusion that I could do the same in Brasil, Australia, Germany, Switzerland, and Belgium, although I would never have imagined that people from Auronzo would have gone even to China and Siberia (see photographs 479 and 480), to Hungary, ex-Yugoslavia, Rumania, New Zealand, and who knows where else. As I continue my research new information surfaces every day and if I succeed in preparing a volume on the emigrants from Auronzo around the world, as I intend to do soon, I am sure that I shall come across surprising stories.
On the 21 and 22 of September 1857, John Ball, an Irishman from Dublin, the first president of the Alpine Club, editor of the journal Peaks, Passes and Glaciers,editor of the first and most important Guide to the Alps(1863-1868), great botanist, Liberal Deputy for the County of Carlow, and Undersecretary for the Colonies, after having visited a great part of Alpine locales including those in France, Switzerland, and Austria, and three days after having climbed Monte Pelmo, visited Auronzo, and then went on via Misurina to Cortina. In his book, A Guide to the Eastern Alps,published in London in 1868, Ball gives an extensive description of Auronzo and of its mountains, and on page 518 he writes:
"The exquisitely beautiful valley of Auronzo lies in the direct way for a traveller approaching Cortina from the head of the valley of the Piave; but it has such powerful attractions, and is so easy of access, that no traveller will regret making the slight detour necessary to reach Cortina this way from the high-road at Tai di Cadore, the excursion being easily completed in a single day. Many travellers, besides the present writer, have experienced the difficulty of avoiding the use of superlatives in describing this region; but it is not too much to say, with the images of many other glorious scenes present to his memory, that he seeks in vain for any valley offering more exquisite combinations of the grand, the beautiful, and the fantastic, than are here found in favourable weather".
I have searched in vain in the many guides to the Alps for a similar description of another mountain locale. For John Ball and for his circle of fellow travelers, Auronzo was the place that most enchanted them because of the richness of its natural beauty. And so why did hundreds, even thousands of peopIe from Auronzo leave it and its peaks golden with dawn and dusk in order to go far away, even to lost and inhospitable places, there to die of hard work? The reasons are many, and not all are fully understandable, but certainly numerous natural disasters were one of the causes. In fact, after the great landslide of rocks and mud that buried Paìs and Riva Da Corte on the 5th of august 1635, many people left Auronzo for good.
One of these emigrants, Nicolò Corte, after having wandered through Italy, arrived in Paris where he made his fortune; the 8th of November 1661 he sent a letter, identifying him self as the son of Giobatta Corte, in which he proposed to give a sum of money for the creation of an institute for the benefit of all the "REGOLIERI" (officerswho dealt with the division of lands and borders) of Auronzo's Villagrande. In one of those twists of fate that life holds, in 1981 I met one of Corte's descendants (Patrizio Courtij) on the peaks of Perù, where he was carrying out a mission for Unicef.
During the night between April 30 and May 1, 1694 a terrible fire destroyed least 300 houses in Villagrande. Only one woman and one boy died, but over 1000 people remained without a roof over their heads and another 500 left Auronzo because of their desperation at having lost everything. They went toward eastern Friuli, and into Slovenia, Croatia, and east Europe.
Centuries before, specifically on the 21st of ApriI 1336, we know that a certain Giovanni Agorijani of Auronzo obtained permission from the Patriarch Aquileia, Bertrando, to open a saw-mill at Sterpenizza d'Isonzo, and on the 25th of January 1348 a great earthquake caused rocks to fall on Villagrande, destroying some houses, so that ten families left Auronzo for unknown destinations. From the documents so far consulted, it emerges that already from 1550 on was customary for the citizens of Auronzo to emigrate temporarily. Window-workers, tinkers, grinders, they all wandered around Europe offering their services. There is a tradition of nomadism handed down from father to son over the centuries: the nomadism of shepherds and the nomadism of tradesmen and artisans. For example, in the Historia della Provincia del Cadore(a history of Cadore) written between 1729 and 1732 by Giovanni Barnabò and preserved in the Cadorine Library in Vigo, it is written that no people of the Cadore wander around the world as much as those from Auronzo, rich in pastures, animals, and craftsmen.
Elena De Filippo Roia (Comater) and Carmela Zandegiacomo Bianco, both over ninety years old, still remember when emigrants, having said farewell their families and friends, would sling over their shoulders poles with bundles of their few personal belongings attached, andwould head off in the direction of Austria on foot where they would then separate and go their different ways.
Every family in Auronzo has some story about more or less recent emigration; I personally have discovered that my great-great-grandfather Giovanni Battista traveled around Europe as a windowmaker, that my great-grandfather Liberale preferred being a shepherd and wandering with his flocks on the mountain pastures around Misurina and Auronzo, and that my grandfather Giovanni spent more than twenty years in the forests of Pennsylvania. My father Emanuele emigrated to Africa as a mason and was involved in World War II, ending up a prisoner in Scotland; my brothers have worked in Iran, Yugoslavia, and Germany, and I myself have worked in Valle d'Aosta and in Germany.
But the great exodus happened after 1850 when a rapid increase in population and a serious economic crisis forced hundreds of people from Auronzo to set off for the Americas. Many, too many, have never returned to their native town. Some died of illnesses or of hardship, others committed suicide out of desperation. Some succeeded in going on, and a very few became rich.
The exodus continued even after World War I, often to Australia and New Zealand.
In 1921 Auronzo had 4496 inhabitants, with 200 persons who had emigrated temporarily to other parts of Italy, 220 to foreign lands; 1600 people emigrated permanently and there were 500 unemployed citizens.
Even today, many young people, even if not as many as in the past because of employment in Auronzo in eyeglass factories or in tourism trades, are forced to look outside of Auronzo for work that is suitable to their specializations.
The very children and grandchildren of the first emigrants, because of the irony of fate, must themselves move from one state to another, in the United States and in Argentina, in search of work.
I conclude with the touching words written in the diary of an emigrant from Auronzo who died in the state of Michigan in the United States I promised his daughter, herself now quite advanced in years, that I would not identify him.
The following words, written with a shaky hand, are on the last page of the diary:
October 23, 1928.
I said goodby to my sisters, embraced my mother, and then climbed up onto the wagon. While the horses pulled the wagon away, I almost wanted to get off.
The wagon stopped every once in awhile so that fellow citizens who were going to America with me could get on.
"Nene Bepa" was at her window whence she waved her hands and shouted
"Sane fiol, sane" (goodby, son, goodby).
At the edge of town, at Cella, I turned around to look at my
hometown and at the peaks for the last time.
Then I turned away in order to hide my tears.
Goodby, Auronzo, the ship awaits me; goodby mama.
How many times I have thought of those moments, with so much nostalgia, so great a desire to return! But now I am too old and perhaps nobody would even remember me.
They have written to me that everything is changed, that the wooden houses have been burned down, that now they build them in stone and I would probably not even recognize my own neighborhood.
But I shall die with a great regret deep in my heart, that I never returned to the peaks that watched me grow up.
Yet I have worked hard for so many years with the hope of returning, at least one time, at least to put edelweiss flowers on my mother's grave.
But I did not succeed in doing so.
Farewell, Auronzo, farewell forever. (Sane, Auronzo, sane por sempro).
Emigrazione di Auronzani nel Mondo
Negli anni 1987-88-89 e 1995, ho viaggiato attraverso gli Stati Uniti d'America, nel 1999 attraverso Argentina e Cile, incontrando centinaia di americani originari d'Auronzo, parlando in Ladino auronzano, mangiando "polenta e umedo, chenede, peta e pestariei", ed ora sono arrivato alla conclusione che potrei fare lo stesso in Brasile o in Australia, in Germania, in Svizzera o in Belgio, ma non immaginavo che gli auronzani fossero arrivati anche in Cina ed in Siberia (immagini n. 479-480), in Ungheria, ex Iugoslavia, Romania e Nuova Zelanda e chissà dove. Addentrandomi nella ricerca, emergono ogni giorno delle novità, e se riuscirò a breve termine, com'è nelle mie intenzioni, a preparare un volume sugli emigranti auronzani nel mondo, sono certo che m'imbatterò in storie sorprendenti.
Il 21 e 22 settembre del 1857, John Ball, irlandese di Dublino, primo presidente dell'Alpine Club, editore della rivista "Peak, Passes and Glaciers", editore della prima e più importante Guida delle Alpi (1863-1868), grande botanico, Deputato liberale per la Contea di Carlow e Sottosegretario alle Colonie, dopo aver visitato gran parte delle località delle Alpi, anche nei versanti svizzeri, austriaci e francesi, tre giorni dopo aver scalato il Monte Pelmo, visitò anche Auronzo, salendo fino a Malon sulle pendici del Monte Agudo, per poi proseguire per Misurina e Cortina.
Nel volume "A Guide to The Eastern Alps", edito a Londra nel 1868, John Ball dà un'ampia descrizione di Auronzo e delle sue montagne.
Nella pagina 518 scrive: *La Valle di Auronzo, squisitamente bella si trova sulla strada diretta per un viaggiatore che si avvicini a Cortina dalla testata della valle del Piave, ma ha tali potenti attrattive ed è di così agevole accesso, che nessun viaggiatore rimpiangerà di fare una leggera deviazione necessaria per raggiungere Cortina, lungo questo percorso dalla strada maestra di Tai di Cadore, visto che l’escursione si può effettuare in un solo giorno.
Molti viaggiatori, oltre al presente scrittore, hanno sperimentato la difficoltà di evitare l'uso di superlativi nel descrivere questa regione; ma non è troppo dire, con le immagini di molte altre splendide vedute presenti nella memoria, che egli cerca invano qualche valle che offra più squisite combinazioni del grandioso, del bello e del fantastico, di quelle che si trovano qui con tempo favorevole ... *
Ho cercato invano, nei volumi che compongono la Guida delle Alpi, un giudizio simile per un'altra località di montagna.
Auronzo dunque, è stata la località che più di ogni altra, ha affascinato John Ball e la cerchia di viaggiatori di sua conoscenza.
Ma allora perché, centinaia, migliaia di auronzani hanno lasciato il paese natio, le Crode indorate da aurore e tramonti per andarsene lontano a morire di fatica anche in luoghi sperduti ed inospitali?
Le ragioni sono varie, e non tutte pienamente comprensibili. Sicuramente una delle cause principali sono state le numerose catastrofi naturali. Infatti, in seguito alla grossa frana di sassi e fango che il 5 agosto del 1635 ha sepolto le borgate Paìs e Riva Da Corte, molte famiglie sono state costrette a lasciare Auronzo per sempre.
Una di queste, quella di Nicolò Corte, dopo aver girovagato per l'Italia, sono arrivate a Parigi in Francia, dove fecero fortuna e 1'8 novembre 1661, inviarono una lettera al Parroco, nella quale, dicendosi figlio di Giovanni Battista Corte, Nicolò propose di donare una somma di denaro per istituire una fondazione (la Mansioneria Corte) a beneficio della Regola di Villagrande di Auronzo.
Per uno dei cais che capitano nella vita, nel 1981 ho incontrato un suo discendente (Patrizio Courtij), sulle montagne del Perù, mentre questi assolveva ad una missione dell'Unicef.
Nella notte tra il 30 aprile ed il l° maggio del 1694, 300 case di Villagrande sono state distrutte da un terribile incendio. Una donna ed un ragazzo hanno perso la vita nel rogo. 1000 persone sono rimaste senza tetto e 500 di queste, mosse dalla disperazione, hanno abbandonato per sempre Auronzo per emigrare nel Friuli Orientale, in Slovenia, in Croazia ed in altri Paesi dell'Est Europeo.
Il 21 aprile del 1336, un Giovanni Agorijani di Auronzo ha ottenuto dal Patriarca Bertrando D'Aquileia, il permesso di aprire una segheria a Sterpentizza d'Isonzo.
Il 25 gennaio del 1348 un forte terremoto provocò il rotolare di enormi massi su Villagrande di Auronzo. Alcune abitazioni furono completamente distrutte, e dieci famiglie lasciarono Auronzo per destinazione ignota.
Dai documenti consultati finora, emerge che già dal 1550, era in uso tra gli auronzani l'emigrazione temporanea.
Finestrai, calderai ed arrotini, girovagavano per le contrade d'Europa ad offrire i loro servigi.
Era una tradizione che si è tramandata nei secoli di padre in figlio. Dapprima furono nomadi con le greggi sui pascoli d'alta montagna, poi nomadi con arti e mestieri per strade del mondo.
Giovanni Barnabò, nella Historia della Provincia del Cadore, scritta tra il 1729 e 1732 e conservata nella Biblioteca Cadorina di Vigo, parlando di Auronzo scrive tra l'altro: Possiede numerosi pascoli e monti per le abbondanti greggi, mucche e cavalli, ed essendo aumentata notevolmente la popolazione, vagano per paesi e città esercitando le loro arti, e che nessun popolo del Cadore gira per il mondo come gli auronzani.
Elena De Filippo Roia (Comater) e Carmela Zandegiacomo Bianco, ultranovantenni ricordano ancora quando gli emigranti salutati i familiari ed amici, mettevano in spalla il bastone alla cui estremità era appesa *la sacothia* (un fagotto) contenente i pochi oggetti personali, per incamminarsi *su per le Ostere e Col Da Ruoia*, a raggiungere l'Austria a piedi. Una volta giunti nella Nazione oltre le Alpi, ricevuti amabilmente da alcuni compaesani emigrati colà da anni, si dividevano per dirigersi in varie destinazioni a volte sconosciute. C’è chi da Sillian in Austria è arrivato a piedi fino al porto di Le Havre in Francia, ma molti facevano lo stesso tragitto su carri trainati dai cavalli in *Carro Stop*.
Ogni famiglia di Auronzo ha una storia di emigrazione più o meno antica.
Personalmente ho scoperto che il trisavolo Giovanni Battista Pais Becher, ha girato l'Europa come finestraio. Il bisnonno Liberale ha preferito fare il pastore e vagava con le greggi sotto alle tre Cime di Lavaredo ed agli alti pascoli che attorniano Misurina ed Auronzo.
Il nonno paterno Giovanni ha trascorso oltre vent'anni nelle foreste della Pennsylvania, quello materno Luigi, si è sposato con mia nonna Corona a Shaffausen in Svizzera, quando ambedue erano emigranti in quella Nazione.
Mio padre Emanuele, emigrato in Africa come muratore, in seguito è stato coinvolto nella seconda Guerra Mondiale, finendo prigioniero in Scozia.
Conservo ancora con cura il Regio Decreto, con cui il Ministro per l’Africa Italiana, gli ha conferito la Croce di Guerra al merito, anche se lui da bambino mi ha raccontato di non aver sparato neanche un proiettile, ma di aver ricevuto la Croce di Guerra, perché in qualità di magazziniere ed amico dei Somali, aveva avvertito il Comandante di un imminente attacco.
I miei fratelli Luciano e Mirco hanno lavorato in Iran, Iugoslavia e Germania.
Io stesso a 16 anni ho lasciato Auronzo per la Valle d’Aosta e poi per Mainz in Germania a vendere gelati..
Ma il grosso esodo è avvenuto dopo la metà del 1800, quando un rapido aumento demografico, complice anche una grave crisi economica, ha costretto centinaia di auronzani ad imbarcarsi per le Americhe.
Molti, troppi non sono più ritornati al paese natio. Alcuni sono morti di stenti o di malattia, altri si sono suicidati per disperazione, altri sono riusciti a resistere, alcuni, pochi ad arricchirsi.
L'esodo è continuato fin dopo la prima guerra mondiale, con destinazione l'Australia e la Nuova Zelanda.
Nel 1921 Auronzo contava 4496 abitanti, con un' emigrazione temporanea di 200 persone in Italia, 220 all' estero, ed un' emigrazione permanente di 1600 unità, mentre i disoccupati effettivi erano 500.
Ancora oggi, molti giovani sono costretti a cercare fuori d ‘Auronzo un' occupazione consona alle loro specializzazioni, e gli stessi figli o nipoti dei primi emigranti, per ironia della sorte, devono spostarsi da uno Stato all'altro in cerca di lavoro, sia in U.S.A. che in Argentina.
I COGNOMI ANTICHI DI AURONZO
Mi chiamo Giovanni Pais Becher (Gianni), sono nato sotto alle "Tre Cime di Lavaredo":
le montagne più famose delle Dolomiti.
Risiedo ad Auronzo di Cadore, un oasi naturale tra le più interessanti di tutte
le Alpi Orientali.
Auronzo è un insediamento molto antico.
Già mille anni prima di Cristo, genti di origine indoeuropea, scelsero di
insediarsi in questa valle percorsa
dal fiume Ansiei.
I primi abitanti di Auronzo furono attratti dalla ricchezza e dallo splendore
dell'ambiente naturale:
le aguzze montagne che la circondano, le grandi foreste di faggi, larici, pini
ed abeti, gli alti pascoli che da Misurina si estendono fin sulla sommità di
alcune montagne, come il Monte Piana ed il Monte Cianpèdele,
i torrenti d'acqua pura e le sorgenti d'acqua ferrugginosa.
Quando scoprirono i ricchi giacimenti di minerali nascosti tra le roccie di:
Grigna, Ferrera, Rusiana, delle Marmarole e del Monte Ajarnola, capirono che non
avrebbero mai più lasciato la Valle d’Ansiei
e vi si insediarono definitivamente.
Fin dall'epoca protostorica, dalle miniere di Auronzo si estraevano: oro,
argento, rame, ferro e molto piombo.
Una delle miniere più antiche era denominata “Miniera Argentiera”.
Da bambino ho ascoltato con interesse le voci degli anziani.
Loro mi hanno trasmesso la cultura, le tradizioni e la storia.
La memoria degli anziani, tramandata generazione dopo generazione, ha guidato il
cammino della mia vita.
Per approfondire quelle conoscenze, ho viaggiato più volte, attraverso le
Americhe e l'Europa ad incontrare ed intervistare gli emigranti.
Loro sono tuttora orgogliosi delle antiche radici.
Hanno conservato gelosamente documenti, memorie e vecchie foto della terra dove
hanno avuto origine.
Non sono passati attraverso i filtri della trasformazione industriale e
turistica, che in Cadore hanno profondamente modificato, la cultura e le
tradizioni.
Ho ascoltato voci che raccontavano di una valle e di montagne, abitate da
pastori, minatori, artigiani e boscaioli, per 3000 anni.
Per capire come vivevano i miei antenati, ho visitato gli Inuit della
Groenlandia, i campesinos della Bolivia e del Perù, i Kalka gli Uriancai ed i
Kazaki della Mongolia, i Golok dell'Amdo tibetano.
Ho impegnato molti anni della mia vita tra gli scaffali degli archivi di tutta
Europa, a cercare le antiche origini, a scrivere e pubblicare saggi e anche
alcuni volumi di carattere etnografico e storico.
Ho promosso, partecipandovi attivamente, ricerche archeologiche.
Quando mi sono accorto che il ciclo della memoria stava per interrompersi, ho
deciso di attivarmi per tentare di recuperare e riscoprire quanto ancora
possibile delle nostre radici.
In tutto questo sono stato aiutato ed incoraggiato dai miei figli Tatiana e
Giuseppe.
Senza il loro incitamento e la loro collaborazione, mi sarebbe stato difficile
raggiungere - pur tra mille difficoltà - risultati così positivi.
Ora centinaia di persone mi scrivono da tutto il mondo, sia per avere
informazioni sui loro antenati sia per conoscere meglio la storia, la cultura e
le tradizioni della terra d’origine.
Durante gli ultimi 15 anni, moltissimi discendenti degli emigranti, provenienti
dagli USA, dall'Argentina e dall'Australia, hanno visitato Auronzo e Misurina.
Ho aiutato molti di loro a ricongiungersi con i parenti che non conoscevano.
Gli ho accompagnati a visitare le località dove erano nati i loro genitori o i
loro nonni.
ma non è stato facile.
Gli emigranti ritornano in patria, con il cognome che non è più quello
originale.
Quasi tutti hanno perso il secondo cognome o storpiato il primo.
I Zandegiacomo sono diventati Zande, Zandy o Zandi e così via.
Ad Auronzo, tutte le famiglie originarie hanno un secondo cognome.
Il motivo è dovuto al verificarsi di numerosi casi di omonomia.
A volte anche quattro o cinque persone con lo stesso nome e cognome, perché la
famiglia trasmetteva al primo nato il nome del nonno paterno.
Alla fine del 1600, le Regole di Villagrande e Villapiccola decisero di porre
fine a quella confusione, aggiungendo un secondo cognome.
A partire da tale data, gli antichi cognomi originari furono modificati.
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GLI ANTICHI COGNOMI ORIGINARI
LOS APELIDOS ANTIGUOS Y ORIGINARIOS DE AURONZO (antes de el 1680)
THE OLD AND ORIGINAL AURONZO SURNAMES (before 1680):
BOMBASSEI, BUOITE, CATTARUZZA, CELLA,
CORTE, DE CRESCENDINO, DE ZORZI,
DA PONTE, DE LUCA, DE FLORIAN, DE FILIPPO,
GOLIN, FRIGO; MENEA, PAIS, PERIN, MACCHIETTO,
MADDALIN, MOLIN, MONTE, LARESE, LONGO,
RIZZARDI, SORAVIA, VECELLIO, TRASEA,
TONIUZZO,TONIUZZI NOBEL, ULIANA,
ZANDEGIACOMO, ZAMBERLAN e ZARDUS.
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I COGNOMI DELLE FAMIGLIE ORIGINARIE CHE DOPO IL 1680
ASSUNSERO IL SECONDO COGNOME - FATTO PIU' UNICO CHE RARO IN ITALIA -.
L'importanza di far parte delle famiglie originarie ad Auronzo ed in tutto il
Cadore,
Cortina d'Ampezzo compresa, deriva dal fatto che gran parte del territorio
è ancora governato dalle antiche "REGOLE".
Delle Regole fanno parte di diritto - con tutti i benefici che ne derivano –
solamente i discendenti delle famiglie originarie.
L'importanza di far parte delle famiglie originarie ad Auronzo ed in tutto il Cadore, Cortina d'Ampezzo compresa, deriva dal fatto che gran parte del territorio
è ancora governato dalle antiche "REGOLE".
Delle Regole fanno parte di diritto - con tutti i benefici che ne derivano – solamente i discendenti delle famiglie originarie.
LOS APELIDOS DE AURONZO DESPUES DE EL 1680
THE ACTUALLY AURONZO SURNAMES (after 1680):
*BOMBASSEI: Bombassei De Bona, Bombassei Moma, Bombassei Mime, Bombassei Vittor, Bombassei Vettor, Bombassei Gonella, Bombassei Toffolon.
*BUOITE: Buoite Stella, Vecellio Buoite.
*CATTARUZZA: Cattaruzza Capo, Cattaruzza Cecilia, Cattaruzza Cargnel, Cattaruzza Checcone, Cattaruzza De Lugan, Cattaruzza De Paola, Cattaruzza Dorigo, Cattaruzza Moletta, Cattaruzza Tomasel, Cattaruzza Lodovico e Cattaruzza Pino.
* CELLA: Cella De Dan, Cella Pierantone e Cella Sartor.
*CORTE - DA CORTE: Corte Bai, Corte Carlone, Corte Coi, Corte Corinello, Corte De Checco, Corte De Vido, Corte Gieronin, Corte Jaronin, Corte Levou, Corte Metto, Corte Sualon, Corte Monego, Corte Pause, Corte Poeta, Da Corte Cavalier, Da Corte Vecchino, Da Corte Vicino, Da Corte Pona, Da Corte Salida, Da Corte Zandatina, Da Corte Seren, Da Corte Reane.
* DA PONTE: Da Ponte Becher, Da Ponte Bortiola, Da Ponte De Tonia.
* DE FLORIAN: De Florian D'Andrea, De Florian D'Anna, De Florian Fania, De Florian De Puto.
* DE FILIPPO: De Filippo Benvegnuda, De Filippo D'Andrea, De Filippo De Grazia, De Filippo Della Nona e De Filippo Roia.
*DE LUCA: De Luca Gobbo, De Luca Londa, De Luca Ròs.
*DE ZORZI: De Zorzi Naco.
*FRIGO: Frigo Belello, Frigo Comelean, Frigo Mosca,
Frigo Orlando, Frigo Pinterle, Frigo Sampogna e
Frigo Turco.
*LARESE: Larice, Larese Casanova, Larese Cella, Larese Cighiriei, Larese Chieva, Larese De Carlo, Larese Del Favero, Larese De Pasqua, Larese De Pol,
Larese De Tonin, Larese De Sane, Larese De Sina, Larese De Sual, Larese Della Tela, Larese De Tetto, Larese Doch, Larese Gortigo, Larese Fece, Larese Filon,
Larese Mansionario, Larese Moro, Larese Pollonin, Larese Prata, Larese Riva, Larese Roia, Larese Russo, Larese Santa Caterina e Larese Vecellia.
* LONGO: Longo Corona.
* MACCHIETTO: Macchietto Della Rossa, Macchietto Pinotto,
Macchietto Delle Rode, Macchietto Riode, Macchietto Scola,
Macchietto Tonon.
* MOLIN: Molin Colombo, Molin Corvo, Molin Pais, Molin Padolin,
Molin Poldedana, e Molin Polentina.
*MONTE: Monte Da Otto, Monti Cavaler, Monti Di Sopra,
Monti Di Sotto, Monti Fabbro, Monti Gondol, Monti Nia
e Monti Peruto.
* PAIS: Pais Becher, Pais Bianco, Pais Bolia, Pais Costanza,
Pais De Libera, Pais Liberalin, Pais De la Riziada, Pais Gabriel,
Pais Dei Mori, Pais Golin, Pais Marden, Pais Molin, Pais Nanon,
Pais Pinterle, Pais Santin, Pais Sisa, Pais Tarsilia, Pais De Barbera.
* PERIN: Perìn De Jaco, Perìn Bò, Perìn Orbo,
Perìn Soffritto, Perìn Tas.
* RIZZARDI: Rizzardi Bolco, Rizzardi Fraia e Rizzardi Soravia.
* VECELLIO: Vecellio Bacco, Vecellio Benai, Vecellio Buoite,
Vecellio Canna, Vecellio Checchino, Vecellio Creppe,
Vecellio D'Anna, Vecellio Del Frate, Vecellio De Mildo,
Vecellio Del Monego, Vecellio Del Zoto, Vecellio Fontana,
Vecellio Galeno, Vecellio Lares, Vecellio Mattia,
Vecellio Nanon, Vecellio None, Vecellio Orefice,
Vecellio Orlandel, Vecellio Paradìs, Vecellio Patìs,
Vecellio Poldo, Vecellio Oliva, Vecellio Olivier,
Vecellio Reane, Vecellio Taiarezze, Vecellio Mistrolucio,
Vecellio Sai, Vecellio Santin, Vecellio Salto,
Vecellio Soriziei, Vecellio Siorcarlo, Vecellio Segate,
Vecellio Sulio, Vecellio Cai.
*ZAMBERLAN: rimase inalterato.
*ZANDEGIACOMO: Zandegiacomo Della Bella,
Zandegiacomo Bellan, Zandegiacomo Bianco,
Zandegiacomo Bonel, Zandegiacomo Caneva,
Zandegiacomo Caprone, Zandegiacomo Cella,
Zandegiacomo Copetìn, Zandegiacomo Crepe,
Zandegiacomo D'Alessio, Zandegiacomo De Lugan,
Zandegiacomo Della Morte, Zandegiacomo De Pasqual,
Zandegiacomo De Tomasina, Zandegiacomo De Zorzi,
Zandegiacomo del Nono, Zandegiacomo Fabbro,
Zandegiacomo Folletto, Zandegiacomo Gilè,
Zandegiacomo Maccarine, Zandegiacomo Marzer,
Zandegiacomo Mazzon, Zandegiacomo Mansionario
Zandegiacomo Mistrotione, Zandegiacomo Mistrotofolo,
Zandegiacomo Nanon, Zandegiacomo Orsolina,
Zandegiacomo Pause, Zandegiacomo Prussia,
Zandegiacomo Ride, Zandegiacomo Risata,
Zandegiacomo Riziò, Zandegiacomo Sampogna,
Zandegiacomo Seidelucio, Zandegiacomo Soriziei,
Zandegiacomo Totola.
*ZARDUS: Zardus Bacco, Zardus Bono, Zardus Cai,
Zardus De Jaco, Zardus Caroba, Zardus Vecchiare,
Zardus Mastelle, Zardus Levou, Zarduz Cazite,
Zarduz Uliana.
Ad Auronzo immigrarono molte famiglie provenienti da altre
località.
En Auronzo lluegaron muchas familias que traen origen
en otros lugares:
Ai cognomi originari si aggiunsero negli anni, le famiglie:
Family in Auronzo, but originary from other country:
Antoniol, Balladore, Balbinot, Baldo, Baldovin, Barone, Barnabò,
Batelli, Bernabei, Bergagnin, Bevilacqua, Bianchi, Bisatti,
Bonato, Boso, Bressan, Bufalo, Burubù, Candido, Casagrande,
Casanova, Cibien, Coledan, Colli, Costa, Da Col, Dall'O Fioravante,
Da Pra, Da Rin, Da Rold, De Faveri, De Lazzer, De Lazzero,
De Lenart, De Lotto, De Zordo, De Martin, Dorigo, Doriguzzi Bozzo,
Doriguzzi Precettor, Dezenchaz, De Silvestro, Doriguzzi Corin,
Caldart, Eder, Edotti, Fedon, Felice, Ferroni, Florian, Fontana,
Fop, Franco, Fresco, Frescura, Gaio, Gagliardi, Giacobbi, Giacomelli,
Giuseppini (che però deriva da una famiglia Zandegiacomo Orsolina),
Giorgetta, Hoffer, Lozza, Maggiolini, Mainardi, Manaigo, Manzoni,
Maroldo, Martin, Martini, Mazzucco, Mercadante, Michieli, Mufato,
Muzzi, Nardi, Netto, Oddone, Olivotti, Quinz, Parenti, Parrinello,
Pesce, Piaia, Piasentini, Pinazza, Polentarutti, Pomarè, Pontello,
Procidano, Rigato, Rombaldi, Ronzon, Sadocco, Salvador, Scarabel,
Simonin, Sinoppi, Siviero, Squizzato, Speranza, Tomasi, Tommasini,
Topran, Zanella, Zanette, Zangrando, Zandonella, Zorz, Zulian.
Durante gli ultimi decenni, ho lavorato assiduamente a compilare l'albero genealogico delle principali famiglie di Auronzo. Ho dovuto farlo perchè pressato dalle richieste dei numerosi figli di Auronzo e delle sue meravigliose montagne, emigrati nel mondo.
For many years I have researched the origins of the families of Auronzo in the archives of the Municipal Registry and the Church.
I have received many requests from the descendants of those who, with tears in their hearts, had to leave their native country in order to seek a dignified life elsewhere in the world.
I sent free research to hundreds of families about their origins.
Many of them have come to Auronzo to visit me and in recent years especially young people of the third and fourth generation.
After visiting the beauties of Auronzo and Misurina, everyone asked me: we do not understand why they left their families and these beautiful mountains.
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